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Una mamma risponde all'articolo "Audiolesi no al linguaggio dei segni..."

In risposta all'articolo "No alla legge su linguaggio dei Segni. Così ci ghettizzano e sprecano anche le risorse" di Caterina Pasolini del 9 maggio

Sono la mamma udente di una bambina sorda profonda di 6 anni. Secondo l'articolo tutto è chiaro e lineare, il percorso di un bambino sordo sarebbe lo stesso dei suoi coetanei, poiché dal punto di vista scolastico può fare lo stesso percorso in classe, e dal punto di vista medico la scienza gli darebbe la possibilità di essere "normale".

Non credo sia così facile per vari motivi che cerco di spiegare.

Non in tutti gli ospedali si fa una diagnosi alla nascita, basata sui potenziali evocati uditivi. Mia figlia è nata in un grande ospedale, come quello di Bergamo e non sono stati fatti esami, nonostante ci fossero alcune caratteristiche esterne che potevano indurre in sospetto.

Ci siamo poi accorti molto presto (a 8 mesi) che nostra figlia era sorda e siamo stati assistiti molto bene da un audiologo e dalla sua équipe che fortunatamente non avevano paraocchi né pregiudizi, tanto da arrivare a sconsigliare operazioni mediche invasive. Mia figlia avrebbe potuto farsi il cosidetto "orecchio bionico" tramite un delicatissimo impianto al tronco encefalico. Questo professore che ci ha seguito, che non deve fare battaglie per sostenere l'utilità dell'impianto cocleare che lui stesso impianta con grande professionalità a molti bambini, ci disse di puntare tutto sulla riabilitazione precocissima, di stimolare tutti i canali sensoriali residui.
Perciò musicoterapia (www.musicoterapia.it), logopedia, stimolare la vista e il tatto e usare la lingua dei segni. Noi ci siamo subito rimboccati le maniche e abbiamo fatto moltissimi sacrifici ma abbiamo anche iniziato un bellissimo percorso con nostra figlia prima di tutto, con i terapeuti che abbiamo conosciuto, con vari adulti sordi che hanno voluto aiutarci e con altri bambini sordi e non con cui mia figlia ha facilmente socializzato. Noi non abbiamo voluto entrare con un bisturi in un punto delicato come il cervello di nostra figlia e quando nostra figlia sarà grande le spiegheremo le nostre scelte e siamo sicuri che lei capirà e ci darà ragione perché le abbiamo dato tutti i mezzi per realizzarsi nella sua diversità e dimostrare le sue capacità.

A questo proposito vorrei dire che ho la vaga impressione che alcuni genitori vogliano per forza avere dei bambini "normali", nascondendosi la loro diversità invece di esaltarla e battersi perché la società riconosca come ricchezza le diverse culture, tra cui quella dei sordi.

I bambini sordi hanno capacità diverse e anche maggiori rispetto ad altri, per esempio sono molto attenti e acuti dal punto di vista visivo. Percepiscono la musica con il corpo, possono ballare e diventare bravissimi musicisti. Hanno un talento naturale per la mimica, la drammatizzazione, la gestualità. Hanno inoltre una sensibilità particolare perché sono in grado di percepire tutte le sottigliezze delle espressioni facciali delle persone.

Torno alla lingua dei segni per dire che è fondamentale per dare precocemente una lingua ai bambini sordi, per evitare che la loro incapacità comunicativa sfoci in nervosismo e aggressività. Questo significa una lingua per comunicare con i propri cari (che dovranno fare uno sforzo in un primo tempo per impararla) con gli amichetti (esistono delle bellissime scuole bilingui come a Cossato –Biella– in cui la lingua dei segni viene usata come metodo comunicativo per tutti) e gli insegnanti che possono così trasferire le stesse informazioni e insegnamenti ai bambini sordi come ai bambini udenti. Non mi si dica che un bambino sordo possa seguire una lezione leggendo sulle labbra del docente. Questa è una falsità. Anche con protesi o impianto cocleare il sordo ha difficoltà a distinguere la voce e la provenienza della voce quando si trova in situazioni complesse, con rumori di fondo o tante persone che parlano in contemporanea. Quindi con la LIS il bambino sordo si può sviluppare precocemente dal punto di vista intellettuale e conoscitivo al pari dei suoi compagni, senza trovarsi in ritardo perché ha dovuto aspettare un'operazione.

Ammetto che la lingua dei segni italiana (LIS) sia difficile per chi non la conosce, io parlo e scrivo tre lingue ma non ho mai fatto una tale fatica come quando a 42 anni ho dovuto imparare la LIS per comunicare con mia figlia. Questo perché è una lingua visivo gestuale che attiva una diversa zona cerebrale. Con mia figlia ho sempre usato anche la voce, le ho parlato tantissimo e da sempre mia figlia parla, persino da sola quando gioca. Per me questo è un miracolo: perché una bimba sorda dovrebbe parlare anche nei momenti di solitudine se non si sente? Mia figlia non ha neanche una protesi acustica.

Ora la sorprendo a pronunciare le singole lettere quando scrive le parole (è in prima), come i suoi coetanei che fanno la sillabazione.

Penso che mia figlia imparerà a parlare sufficientemente bene, perché l'abbiamo molto stimolata noi in prima persona, al di là degli "specialisti" (i bambini hanno bisogno dei loro genitori prima di
tutto) e perché l'ha scelto lei.

Ora per concludere, mi domando perché certi genitori e medici sono tanto contrari alla Lingua dei segni. Ogni genitore deve fare le scelte migliori per il proprio figlio. Come io e tanti altri genitori riuniti nell'Associazione Vedo Voci di Biella non siamo contrari a priori all'impianto cocleare né contrari alla logopedia, così coloro che credono prima di tutto nell'oralismo non dovrebbero prendere posizione per negare a circa 45.000 sordi italiani di avvalersi della loro lingua naturale, la LIS.

Nell'educazione di un bambino sordo serve tutto, ogni bambino è diverso e va stimolato in molti modi. Ora tanti sordi, tanti educatori, ricercatori, interpreti, genitori, bambini, aspettano il riconoscimento di un loro diritto che non toglierà niente agli altri che hanno fatto altre scelte. Il riconoscimento della LIS come è avvenuto nella maggior parte dei paesi civili non toglierà a tanti genitori la possibilità di impiantare i loro figli né di educarli nell'oralismo. Non ci facciamo la guerra, ognuno deve poter scegliere il modo migliore di educare dei bambini che partono svantaggiati, non c'è alcun dubbio, e che devono lavorare il doppio degli altri nella scuola e nella società.

Anna mamma di Bianca